Biografia

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Massimo Romani è nato a Novara il 27 giugno del 1968, dove vive e lavora. Ha conseguito nel 1987 il diploma di maturità artistica presso il Liceo Artistico Statale di Novara e nel 1991 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano sotto la guida di Luciano Fabro. Espone in tutta Italia e all’estero a partire dal 1986, sia in gallerie private che in spazi pubblici.
Negli anni 2022-23 e 2024-25 è membro della Commissione artistica del Museo della Permanente di Milano.

Il 2 giugno 2007 su proposta della Presidenza del Consiglio viene insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Il 27 dicembre 2011 su proposta della Presidenza del Consiglio viene insignito dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Gallerie e musei di riferimento:
Galleria Orsini Arte e Libri, Milano Museo della Permanente, Milano

Opere in collezioni pubbliche

Museo dei Lumi, Casale Monferrato – Archivio di Stato, Novara – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Silistra (Bulgaria) – Pinacoteca di Villa Soranzo, Varallo Pombia (NO) – Kraevedchesky Musej, Nizhnevartovsky (Russia) – Collezione d’Arte Contemporanea Comune di Monteciccardo (PU) – Casa Museo Sartori, Mantova – Biblioteca Civica, Vigevano – Collegio Valla, Pavia – Museo MIPAC, Torino – Collezione Zanni, Milano – Sala Circoscrizionale Centro, Novara – Comune di Mede Lomellina – Targa dedicata a Norma Cossetto, Villaggio Dalmazia, Novara – Museo Visconti, Belgioioso – Chiesa Madonna Pellegrina, Novara.

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Michelangelo Pistoletto

…pittura realizzata con grande capacità tecnica e che si sofferma sul concetto di fragilità e precarietà dell’uomo.

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Edoardo di Mauro

Massimo Romani fa di una pittura di grande nitidezza e qualità formale il tramite prioritario della sua poetica. In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene la sua centralità riuscendo, nei casi migliori, a rinnovarsi da un punto di vista iconografico, quindi conservando quella caratteristica che le è propria, implicita al concetto di “technè”, di tirocinio artigianale visto in una dimensione di sublimazione dell’agire artistico, con modalità attente e riflessive, abbinando a questa antica vocazione la capacità di osservare con occhio partecipe e disincantato al tempo stesso l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per dargli forma nella dimensione del simbolo. Romani narra il presente citando la grandezza trascorsa dell’ideale della Bellezza, con opere dove reliquie della classicità vengono integrate da visioni contemporanee, oppure rivitalizzando, con ironia sapiente e consapevole la tecnica barocca della “natura morta” in chiave pop ed iperrealista, ottenendo un risultato che abbina la qualità formale alla riflessione frutto dell’arguzia dei giochi linguistici.

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Paolo Campiglio

…illusori frammenti di scotch come presenze che ritmano una collezione di gesti: a ribadire la precarietà di ogni azione umana, la fragilità di ogni passo e tra tutti il passo più difficile della pittura, che implica una messa in discussione di tutte le certezze…

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Franco Mussida

L’illusionismo mi ha sempre affascinato, pur sapendo che dietro c’era il trucco. Nel 2021 chiesi a Massimo di trasformare una fotografia che ritraeva il mio nipotino nell’osservazione estatica di un immenso trattore. Sentivo il bisogno di far passare quell’immagine attraverso un corpo senziente che sapesse tradurla esattamente, restituendole però pienezza di umanità. Tengo molto a quel dipinto. Massimo è un illusionista provetto. I sui numeri si fanno sempre più arditi. Al suo talento iperrealista, mi pare abbia aggiunto un pensare intuitivo ancora più lucido che sorprende, che lo porta verso una più profonda essenzialità. I suoi nastri di carta fissano fragilità di cui occorre accorgersi, pezzetti di carta inservibili, inutili, eppure dipinti, diventano preziosi, magici. Del resto cos’è l’Illusionismo se non un’Arte magica?

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Federica Mingozzi

Massimo Romani riesce ad esprimere in maniera evidente la perfezione della realtà, anche quando questa è imperfetta: i suoi universi sono costituiti da oggetti della quotidianità che si trasformano sapientemente grazie alla sua capacità di rendere vivo ciò che rappresenta. La straordinarietà dei suoi spazi è determinata dal realismo con cui ogni particolare viene rappresentato, in una ricerca formale che lungi dall’allontanare il riguardante da tanta perfezione, lo fa immergere nelle tele, fino a diventare specchiato protagonista di quanto rappresentato. Cromie dense di colori saturi stese con precise campiture rendono con precisione la volumetria di oggetti che, resi quasi aggettanti dalle sapienti ombre, sembrano dotati di vita propria, poggiati su superfici che li accolgono per renderli liberi. La sua ricerca ultima lo ha portato a creare nature morte non organiche, tranne rare presenze, che sono la sottolineatura della difficoltà di un vivere che viene messo a dura prova ogni giorno: il nastro adesivo non tiene più su muri che, in tonalità poco discordanti da quelle del nastro stesso, paiono respingere ogni tentativo di comunione ideale. Solo i limoni sembrano sopravvivere in questo contesto di desertificazione, quasi correlativo oggettivo di un’epifania di montaliana memoria che proprio in questi agrumi ritrova la potenza vivificatrice del sole; non a caso Montale li definisce “trombe d’oro della solarità”. In quei frutti poveri e umili sembra essere racchiusa la possibilità di evadere da una realtà soffocante, perché il colore dei limoni scioglie il gelo dell’anima, come dice il poeta genovese; così fanno anche le opere di Romani che, nella loro disarmante perfezione, riescono a smuovere emozioni sopite, facendoci sentire parte di un tutto a cui apparteniamo, pronti però a diventare protagonisti attivi dell’esistere per cambiare e crescere.

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Antonio Ferrara

“Lenta istantanea sei

e turbolenta fissità

scomposta.

Forse sei tu, mi sembra,

la risposta.

Nastro e limone sei,

progetto e incanto,

precisione vaga,

scultura piatta,

dolcezza agra”.

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Palmira Rigamonti

Massimo Romani è un artista originario di Novara, che vanta un solido percorso artistico di formazione, (Liceo Artistico + Accademia di Belle Arti di Brera in Milano) e una consolidata attività espositiva trentennale.

Le sue opere artistiche pittoriche spaziano, dal piccolo al grande formato, e rappresentano con un realismo preciso, sgombero da pregiudizi ideologici, la realtà materica dell’oggetto rappresentato, senza avere la freddezza dell’osservazione distaccata, ma esprimono il calore di una partecipazione discreta e di una osservazione pensosa.

Le sue tele rappresentano con estremo realismo pittorico e indiscusso talento tecnico, “oggetti-concetti”, ovvero oggetti che nella loro rappresentazione e porsi nello spazio, esprimono concetti.

Massimo Romani ci pone, non di fronte, ma bensì all’interno, dello spazio di rappresentazione dei suoi “oggetti-concetti”, raffigurati con realismo e delicatezza, fissati sopra una parete neutra, e ci pone in relazione con essi.

Lo spazio non esiste nella profondità dell’opera, viene delimitato dal muro; ed è proprio il suo annullarsi, che crea, unito al realismo delle ombre e alla lucida rappresentazione degli oggetti, una sua esponenziale dilatazione verso lo spettatore. Quest’ultimo viene catturato dagli oggetti dipinti, e non può fare a meno di osservarli, di sostare sui vari scarni particolari, e man mano che prosegue la sua relazione con l’opera, il “significante” si fa strada nella sua mente. Lo spettatore si trova quindi a riflettere, per esempio, sulla caducità del tempo, sull’impossibilità di mantenere immobili le situazioni, sulla solitudine, sulla singolarità sulle relazioni con gli altri…

L’artista riesce quindi, ad utilizzare un’immagine pittorica rassicurante per creare un ponte che ci pone direttamente in relazione con il suo universo concettuale di riflessioni disincantate, e senza raffigurare, né l’uomo, né lo spazio né il tempo, riesce in modo talentuoso a parlarci del rapporto che l’uomo ha con lo scorrere del tempo e con i suoi simili.

Massimo Romani riesce quindi a farci entrare in punta di piedi nello spazio dell’opera, a cristallizzare un istante colmo di possibilità, una “sliding doors” in cui tutto potrebbe accadere oppure no.